Alla ricerca del ‘vero’ san Francesco d’Assisi
a cura di Virtus Zallot
La selezione di citazioni qui proposta intende suggerire un ritratto di Francesco d’Assisi in cui Costantino Ruggeri avrebbe potuto rispecchiarsi: il santo della lieta povertà che rende liberi, dell’amore incondizionato e disinteressato per gli uomini e per il creato, del Vangelo praticato nella concretezza della vita e degli incontri. Ci piace riconoscere in Ruggeri un amico di Francesco, pensandolo accanto a quelli che egli stesso ha raffigurato.
È così che Francesco amava la povertà, mai disgiunta dalla letizia. La sua è infatti una povertà volontaria, liberatrice, che rende spiritualmente immuni dalla sete di dominio e di possesso, dalla violenza, dai desideri diventati bisogni, dalle costrizioni della vita quotidiana. La povertà volontaria è libertà fisica – costringe a camminare e camminare – ma soprattutto libertà mentale: permette di ascoltare davvero le parole del Vangelo, di amare senza riserve1.
Francesco tuttavia mostra un atteggiamento particolare e innovativo nella delicata attenzione verso gli animali; vive il rapporto in una fratellanza piena, sentendosi creatura fra le creature di Dio, In realtà, in lui convissero due sentimenti: l’estrema considerazione da tributare a ogni essere, anche inanimato, perché creato da Dio, di cui riflette la grandezza e bellezza; la consapevolezza antropocentrica e gerarchica della creazione divina, finalizzata, dopo il peccato dei Progenitori, a esclusivo beneficio umano […]2.
Nulla di più facile a priori che presentare san Francesco d’Assisi. Egli ha lasciato parecchi scritti che ci informano della sua sensibilità, delle sue intenzioni, delle sue idee. Amico della semplicità nelle opere come nella vita e nel suo ideale […]. Amico e fratello di tutte le creature e di tutto il creato egli ha risposto con tanta sollecitudine, fraterna comprensione in tutti, tanta carità nel senso più elevato del termine, cioè amore, che la storia lo ha come ricambiato di un’identica simpatia e ammirazione affettuosa e generale. Tutti coloro che di lui hanno parlato o scritto – cattolici, protestanti, non cristiani, miscredenti – tutti sono stati toccati e spesso incantati dal suo fascino3.
La povertà è la forma di questa libertà diretta a Dio. Del tutto libero egli vuole essere; libero verso Dio. Nulla tra lui e Dio. Di questo è forma la povertà. […]. Questa libertà è tuttavia amore. Non anzitutto la libertà dell’intelletto, che conosce la sua superiorità; non, in primo luogo, la libertà di volere, che si risolve nell’esercizio ordinato, ma amore nell’immediatezza, forza del cuore toccato da Dio. Per questo in tutto ciò non vi è alcun “no”. Tutto è “sì”. Tutto fiorisce e brilla e vive. È il grande “sguardo nello sguardo” con Dio5.
Non ha inventato nuove formule di vita, ha soltanto realizzato quanto l’evangelo indicava: e lo ha realizzato nella realtà concreta del quotidiano. In questo Francesco d’Assisi rimane, per il suo tempo, una personalità in grado di incidere in modo eccezionale e straordinario […] ma, nello stesso tempo, proprio in quanto egli ha toccato, sempre, deliberatamente, in tutta la sua vita, taluni aspetti eterni della realtà umana, il dolore, la sofferenza, la povertà, l’emarginazione, in quanto ha ricordato che lì è presente Cristo, egli ha segnato una strada che la coscienza cristiana dal ’200 in poi non ha più potuto escludere, che ha dovuto tenere sempre presente e per Francesco d’Assisi e per quelli che sono stati i suoi figli, i frati Minori6.
Ma Francesco – e qui sta la sua genialità, la sua supremità di amico – non circoscrive la sua predilezione amicale agli uomini e alle donne più cari. Si sentirà e si dirà amico anche di ciò che non ha volto e voce d’uomo e con cui lo scambio avviene nelle più arcane sfere della sensibilità e della creatività. Anche i fenomeni, i segni, gli eventi, i carismi sono ‘amici’ di Francesco: oggetti della sua ‘lauda’ (e non è forse la lode, il bisogno e lo slancio di celebrare, il linguaggio insostituibile dell’amicizia?). Amici dunque il lavoro, la povertà e la fatica; amico il lupo di Gubbio; e amici infine, nel Gran canto, l’acque il fuoco il vento e la terra e le stelle; finalmente la morte7.
Per lui Dio non è un’idea e ancor meno un concetto. […] Per lui Dio è innanzitutto una presenza legata a notazioni fisiche e a un’esperienza che parte dai sensi, passa attraverso il corpo e conduce fino allo spirito. [… Dio] è percepibile soltanto attraverso le sue manifestazioni concrete, palpabili: la natura, i fogli di pergamena sui quali è scritto il suo nome, le chiese di pietra in cui si celebra l’eucarestia, la specie del pane e del vino che sono i segni tangibili della sua incarnazione e del suo amore infinito verso gli uomini. L’approccio molto carnale al divino dipende da una natura estremamente sensibile: in Francesco ciò che noi chiamiamo il sentimento religioso appartiene al piano dell’emozione e si esprime esteriormente8.
1 C. Frugoni, Vita di un uomo. Francesco d’Assisi, Einaudi,Torino 1995, p. 62.
2 Ivi, p. 61.
3 C. Frugoni, Francesco e l’invenzione delle stimmate. Una storia per parole e immagini fino a Bonaventura e Giotto, Einaudi, Torino 2010, 238.
4 J. Le Goff, San Francesco d’Assisi, Laterza, Ro- ma-Bari 2006, pp. 17-18.
5 R. Guardini, San Francesco, Morcelliana, Bre- scia 1999, p. 30.
6 R. Manselli, Tre conferenze inedite su san Fran- cesco d’Assisi. Milano 1981-1983, Biblioteca francescana, Milano 2018, p. 37.
7 L. Santucci, introduzione a N. Fabbretti, Francesco e gli amici, Rusconi, Milano 1981.
8 A.Vauchez, Francesco d’Assisi, Einaudi,Torino 2010, p. 274.