Una bellezza testimone di fede
Fra Mario Favretto, Ministro Provinciale
Quel sole giallo che si staglia nel blu intenso della grande vetrata e che si specchia nell’acqua del fonte battesimale della chiesa San Dionigi a Milano è un’immagine che porterò sempre impressa nei ricordi per l’effetto che ha avuto in me dal primo momento che ho visto quest’opera. È lo stesso effetto che ho avvertito davanti agli affreschi a tinte pastello, che raffigurano san Francesco e i primi Frati in modo del tutto nuovo e originale, nel classico convento di Busto Arsizio. Uguale emozione ho provato davanti e dentro la chiesa progettata e costruita in pietre e legno a Nyakai in Burundi.
Davvero l’approccio all’opera di padre Costantino Ruggeri ti prende e penetra dentro il tuo animo lasciando una traccia indelebile. Mi sono domandato: “perché?”, consapevole che emozioni simili si provano davanti a un’opera d’arte quando percepisci d’essere raggiunto e penetrato da qualcosa di indefinibile che in qualche modo, balbettando, riesci a esprimere con una parola: bellezza.
Alla domanda sul perché le opere di padre Costantino provocassero in me questo effetto, mi sono dato la seguente risposta. Perché i colori e le forme di una vetrata o di un affresco da cui ti lasci avvolgere, non costituiscono una curiosità da soddisfare o una vista da accontentare, ma ti creano sul momento un’esperienza. Davanti a una vetrata di Costantino avverti che stai facendo l’esperienza della luce che viene dentro di te per trasmetterti l’energia e l’armonia di qualcosa di nuovo, di insolito, di inedito. Sì, ammetti a te stesso che stai facendo l’esperienza della creazione, cioè di percepire la sorpresa e il piacere di qualcosa che è appena stato creato e che ti viene offerto come primizia.
Attraverso quei colori, quelle composizioni sempre originali, attraverso gli effetti mai scontati, viene a te e ti penetra l’idea di chi ha pensato e creato quell’opera; vengono in te i sentimenti che accompagnavano l’artista mentre esternava il tormento di dover cavar fuori qualcosa di intimo per farne parte con tutto il creato. Ma non c’è solo l’animo traboccante e tormentato di un uomo, frate, artista francescano che filtra dalle sue opere. Non ti senti raggiunto solo dal suo animo e dal suo genio, bensì da qualcosa che supera le sue e le tue facoltà di esprimerti: questo qualcosa, che non è di tutti gli artisti, è la fede. Sì, dalle opere di Costantino è inevitabile cogliere la sua ricchezza e il suo tormento, provenienti dalla sua fede in Dio. Padre Costantino infatti diceva di sé: “mi è toccata […] la grazia e la gioia di aver identificato la mia fede nell’arte e la mia arte nella fede”1. È questa relazione con il Signore che ha guidato tutta la sua vita. È il bisogno di esprimere questa sublimità e di renderti partecipe di questa esperienza che lo ha indotto a scegliere l’espressione artistica come modalità più adeguata per parlarti di Dio, perché Dio è “Bellezza”. “Tu sei bellezza”, pregava san Francesco. “San Francesco nelle cose belle contemplava Colui che è bellezza”, diceva san Bonaventura. Padre Costantino, figlio di questi maestri di fede e impregnato di spiritualità francescana, ha scelto di non trattenere per sé ciò che ha nettamente percepito come un dono e, per condividerlo, ha capito che il trasmettere questo dono doveva diventare la sua missione. Per questo motivo egli ha profuso il suo maggior impegno nell’ambito dell’architettura sacra e nell’arredo sacro e si può ben dire che padre Costantino ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca della bellezza per il luogo di culto.
Luce e colori, forme e materiali sono i mezzi di cui Costantino si è servito per materializzare il suo sguardo, i suoi sentimenti e la sua fede. Nella rassegna delle sue opere, dagli inizi all’età matura, ho notato una progressiva ricerca dei tratti sempre più essenziali, anche nel figurativo, e la ricerca di materiali sempre più aderenti al contesto, anche geografico, al quale era destinata l’opera. Forme essenziali e aderenza al luogo, alla natura, sono tratti che un francescano avverte come essenzialmente suoi, dopo che la figura di san Francesco ha instillato nel suo animo il fascino per la semplicità, per i materiali umili, per la povertà. Per questo non esitiamo a dire che tutta la produzione artistica di padre Costantino è intrisa di spiritualità francescana. “Possono bastare un colore, una riga, un rilievo, una curva […] – scrive – per suggerire quanto anche l’arredo integri […] il mistero del tempio, senza sradicarsi dalla quotidianità già sacra della vita, dall’intensa elementarietà del creato”2. In questa sua ricerca della semplicità, della essenzialità, dell’immediatezza, egli giunge come artista alla scoperta delle vetrate. E come non poteva affascinarlo la creazione di vetrate dove l’elemento principale è qualcosa di immateriale come la luce? E ancora una volta l’edificio sacro si rivela come l’ambito ideale per custodire l’esperienza che Costantino sente pulsare nel suo animo: la semplicità, la povertà, la luce, per trasmettere ciò che è sublime, cioè la presenza del divino. Padre Costantino per- ciò, nell’ideare chiese o nell’arredarle, è tutto preso dalla spiritualità che lo ispira, convinto com’è che, dall’antichità fino a oggi, la chiesa è custode della bellezza: la vera bellezza, quella che mediante il visibile ti apre all’invisibile. “Laudato si’, mi Signore, spetialmente messer lo frate sole, … ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione”, cantava e pregava san Francesco. Anche nello sguardo di padre Costantino, ossessionato dalla ricerca della luce, non poteva mancare una speciale “devozione” al sole. San Francesco dice: “perché de te, Altissimo, porta significatione”. Nelle vetrate di Costantino: dall’Italia all’Africa, all’Asia, fino aYamaguchi in Giappone è ricorrente trovare il sole; un sole grande che campeggia nella luce e tra i colori, che ti raggiunge, ti illumina e ti riscalda. In ognuno di questi luoghi il sole è stato pensato per te: per te fedele, per te celebrante i divini misteri, per te visitatore, per te alla ricerca di una spiritualità che il mondo d’oggi ti nega. In questo elemento ricorrente, Costantino non è ripetitivo, ma creativo, poiché escogita tutte le modalità e tutti gli spazi possibili per accoglierti e offrirti un’e- sperienza sempre nuova, un’esperienza sempre unica qual è l’incontro con la luce, un incontro che non ti lascia come prima poiché penetra, attraverso lo sguardo inondato di luce, nella tua persona, nel tuo vissuto.
Ecco il mio confratello padre Costantino, Frate minore, Francescano: è il Frate che con materiali semplici e con la luce ti prende, ti rapisce, ti sottrae dal tuo tempo e ti conduce nella dimensione della tua persona spesso trascurata, talvolta dimenticata, cioè: la dimensione spirituale. È un po’ ciò che avveniva un tempo al passaggio di san Francesco: una presenza semplice, umile, amante della povertà, ma che nell’incontro suscitava in tutti un fascino irresistibile: non per ciò che egli era, ma per ciò che portava dentro: l’amore del Signore.
1 C. Ruggeri, Soltanto un fiore. Genesi di un artista cristiano, a cura di N. Fabbretti, DIES, Milano 2001, p. 67.
2 P. C. Ruggeri, Le “cose” e il tempio, La Locusta, Vicenza 1982.